**Giorno 15 Ottobre**
Mi sentivo le guance infuocate e il cuore stretto in una morsa. Le risate, i telefoni alzati in aria, gli sguardi dei clienti puntati su di metutto si mescolava in un turbinio amaro. Avevo voglia di mollare tutto, di uscire dal supermercato e non tornare mai più. Ma qualcosa, unostinata dignità che mi restava dentro, mi teneva inchiodata a quella sedia di plastica, con le mani tremanti sulla tastiera della cassa.
«Dai, che facciamo, stiamo qui fino a domani?» aveva sbottato un uomo in fila, battendo il piede con impazienza.
Avevo provato a riavviare la macchina, ma niente. Poi, improvvisa, una voce calma ma ferma si era alzata dalla folla:
«Basta!» aveva detto un signore anziano, vestito semplicemente, con una borsa di tela in mano. «Non è colpa della signora. Se avete così fretta, andate a unaltra cassa.»
Un brusio aveva attraversato la fila. Cera unautorità nel suo tono. I cellulari si erano abbassati lentamente, e le risate si erano fermate.
«Esatto!» aveva aggiunto una donna. «Io vengo qui da anni, e Fiorella è lunica che ci saluta sempre e ci sorride, anche quando è stanca. Voi ragazze giovani, invece? Vi limitate a ridacchiare e a filmare!»
Beatrice, quella che aveva iniziato tutto, era arrossita leggermente ma aveva girato la testa con aria sfidante.
Mi mordevo il labbro. Non mi aspettavo una difesa così. Lentamente, mi ero alzata dalla sedia, sentendo le ginocchia tremare, e avevo detto a voce bassa ma ferma:
«Mi scuso per il ritardo. Chiamerò il tecnico.»
In quel momento era arrivato il direttore. Alto, con il telefono in mano, osservava la scena con freddezza.
«Che succede qui?» aveva chiesto secco.
«La cassa si è bloccata, capo!» aveva risposto Beatrice con un sorriso finto. «Non è la prima volta»
Ma i clienti in fila si erano ribellati subito:
«Mentite!» aveva gridato qualcuno. «Funziona sempre perfettamente con Fiorella!»
«Siete voi, voi ragazze nuove, che fate sempre scherzi stupidi!» aveva aggiunto un altro.
Il direttore era rimasto immobile. Non si aspettava che il pubblico si schierasse dalla parte della cassiera.
«Capo, sappia che noi abbiamo visto come staccavano la spina alla cassa più volte!» aveva detto una signora anziana. «Io abito qui vicino e vengo ogni giorno!»
Unondata di approvazioni aveva riempito laria.
Beatrice e le altre si erano impappinate in scuse. Ma la verità ormai era chiara come il sole.
Io, con le lacrime agli occhi, avevo cercato di dire qualcosa, ma il direttore aveva alzato una mano.
«Basta.» Si era girato verso le ragazze. «Da domani, voi non lavorate più qui.»
Un mormorio aveva attraversato la fila. Qualcuno aveva applaudito. Beatrice era uscita sbattendo la porta, seguita dalle altre.
Io ero rimasta ferma, con le mani sul bancone, incapace di credere a quello che stava succedendo.
«E lei, signora Fiorella,» aveva detto il direttore, con una voce che ora cercava di rendere più calda, «rimane. E riceve, da questo mese, un piccolo aumento. Lo merita.»
Lavevo guardato senza dire nulla. Dentro di me, qualcosa si scioglieva. Anni di umiliazioni, di silenzio, di pazienza e improvvisamente, i clienti, la gente comune, mi avevano portato la giustizia che non speravo più.
Quella sera, a casa, avevo aperto il telefono. Mia figlia, Sofia, mi aveva chiamato in video.
«Mamma, ho visto cosè successo!» aveva detto emozionata. «Tutti ne parlano su internet. Un cliente ha filmato, ma non il momento in cui ti prendevano in giro quello in cui la gente ti difendeva. Sei diventata virale!»
Ero rimasta a bocca aperta.
«Virale? Io?»
«Sì, mamma! Ti chiamano tutti “la cassiera con dignità”. Hai ricevuto migliaia di messaggi di sostegno.»
I miei occhi si erano riempiti di lacrime. Mai avrei pensato che proprio quei telefoni che mi umiliavano mi avrebbero portato anche giustizia.
Nei giorni seguenti, sconosciuti entravano nel supermercato solo per ringraziarmi. Mi portavano fiori, mi dicevano «non mollare». Il direttore, spaventato dallattenzione pubblica, mi aveva offerto orari ridotti e condizioni migliori.
Ma la parte davvero inaspettata era arrivata una settimana dopo lincidente. Avevo ricevuto una lettera ufficiale: unofferta di lavoro al comune, come responsabile delle relazioni con il pubblico.
Uno dei clienti era un funzionario e aveva visto quanta pazienza e dignità avevo.
Lavevo riletta due volte. Sembrava quasi impossibile.
«Alla mia età?» avevo sussurrato.
Ma nei miei occhi cera una luce nuova.
Una mattina, mentre mi preparavo per il nuovo ufficio, Sofia mi aveva detto al telefono:
«Vedi, mamma? La vita può essere ingiusta per anni ma a volte, in un solo giorno, tutto si ribalta.»
Avevo sorriso. Non ero più solo una cassiera stanca che contava i giorni alla pensione. Ero una donna che, dopo una vita di pazienza, aveva ricevuto riconoscimento proprio quando meno me laspettavo.
E, in fondo al cuore, sapevo che quel momento di umiliazione pubblica si era trasformato, per un miracolo di solidarietà, nellinizio di una vita nuova.